Una parte consistente della opinione pubblica occidentale si chiede cosa motiva l’odio che il regime iraniano esprime nei confronti di Israele.
Israele non ha confini in comune con l’Iran e non ha mai avuto un vero conflitto con la Repubblica Islamica.
Nemmeno il conflitto esistente fra Israele e i “fratelli” palestinesi basta a spiegare la profonda ostilità del regime iraniano verso Israele.
I palestinesi, poi, non sono nemmeno tanto “fratelli”, considerato che gli iraniani non sono arabi, e non sono musulmani “dalla parte giusta”.
Infatti, gli iraniani sono sciiti, mentre la maggior parte delle popolazioni arabe che circondano Israele, esclusa la popolazione del Libano meridionale, sono sunnite.
Nonostante questo, l’Iran continua a promettere la distruzione di Israele.
L’analisi della storia recente e delle dichiarazioni di esponenti della leadership iraniana porta alla conclusione che a alimentare l’odio verso Israele fra i leader iraniani, di ogni schieramento, non deriva dalla politica di Israele o dai suoi comportamenti, quanto piuttosto dalla minaccia che la cultura occidentale, di cui Israele è portatore, pone a quello che i leader iraniani considerano il "giusto stile di vita".
Il regime iraniano cerca con ogni mezzo di impedire che idee che vengono considerate pericolose, provenienti dall'esterno, possano contaminare la società teocratica iraniana e l’ordine esistente.
Secondo le autorità di Teheran, il "giusto stile di vita" è quello indicato dall’antica tradizione religiosa basata sulle loro sacre scritture e sui loro precetti.
La volontà di preservare l’ordine esistente impone una guerra totale contro gli elementi riformatori, ispirati dalla “cultura occidentale” che propone un diverso sistema di valori e esalta il concetto di libera scelta.
Questa cultura favorisce cambiamento e innovazione, rispetto a tradizione e religione.
Essa è stata avviata in Occidente con la rivoluzione religiosa (la Riforma protestante) del XVI secolo, è stata alimentata dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo e dalla rivoluzione industriale del XVIII secolo, culminando nella rivoluzione politica in Francia, a seguito della quale sono maturati e si sono affermati i concetti di diritti civili e di libertà e eguaglianza.
La scorsa settimana, commentando le proteste sviluppatesi nelle strade di Teheran, la Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei ha detto che “I giovani iraniani sono confusi”, aggiungendo che essi “hanno bisogno di più spiritualità”.
Oltre la metà della popolazione iraniana odierna è nata dopo la “rivoluzione di Khomeini”: questi “giovani” vogliono vivere come i loro coetanei occidentali, non solo negli aspetti esteriori, ma anche, se non soprattutto, negli aspetti politici, sociali e morali.
Anche gli iraniani vogliono godere delle innovazioni della scienza e della tecnologia, della libertà di vivere senza temere la forza del regime, di esprimere le loro opinioni su ogni argomento senza censure da parte delle autorità.
Queste aspirazioni sono insite nella cultura occidentale.
Per questo il regime iraniano odia l’Occidente, che viene considerato succube degli Stati Uniti.
I leader iraniani percepiscono Israele come l’agente dell’occidente in Medio Oriente.
Per questo motivo gli USA vengono etichettati come “Grande Satana” e Israele “Piccolo Satana”.
L’Iran non odia gli Stati Uniti a causa di Israele.
È piuttosto vero il contrario: Israele è bersaglio dell’odio iraniano perché rappresenta la cultura “americana”.
In questo momento in Iran si sta sviluppando uno scontro che potrebbe portare a una rivoluzione.
Non si tratta dello scontro fra due candidati alla Presidenza, Ahmadinejad ufficialmente “eletto” e Moussavi che mette in dubbio la legalità del voto.
Il vero leader iraniano Khamenei aveva perfettamente ragione quando ha ricordato che tutti e quattro i candidati alla Presidenza erano stati approvati da lui stesso e che tutti e quattro rappresentano diverse gradazioni della stessa ideologia.
Il vero scontro è tra chi esercita il potere e le giovani generazioni, quelle nate dopo la “rivoluzione di Khomeini”.
L’attuale leadership iraniana vuole “sigillare” l’Iran e impedire la penetrazione dall’esterno di idee nuove e dannose, che potrebbero portare “alla contaminazione sociale e politica” del Paese.
Chi manifesta, ma non solo, vorrebbe vivere in una società aperta e libera, simile a quelle che esistono in occidente.