11 maggio 2025
Il Cremlino esulta.
L'entourage di “Putin” esulta dopo la sua proposta di "colloqui di Istanbul".
Lo sostiene uno che lavora con il gruppo Ushakov-Dmitriev.
Ma andiamo con ordine.
Nel pomeriggio del 10 maggio, i capi di Stato maggiore di Francia, Gran Bretagna, Germania e Polonia hanno rilasciato una dichiarazione congiunta con Volodymyr Zelensky, dichiarando la loro disponibilità a concludere un cessate il fuoco di 30 giorni con la Russia già il 12 maggio, domani.
Per ottenere questa tregua sarebbe necessaria una sola cosa: la completa cessazione del fuoco e delle ostilità in aria, terra e mare.
L'Ucraina ha confermato la sua disponibilità, ora spetta alla Russia decidere.
Il cessate il fuoco sarà monitorato dai paesi della UE, con gli Stati Uniti che svolgeranno un ruolo guida.
Se la Russia rifiutasse questa opzione, andrebbe incontro a nuove sanzioni e l'Ucraina riceverebbe sostegno incondizionato e aiuti militari ed economici in grandi quantità.
Secondo i leader europei, le Forze Armate ucraine sono la garanzia della sicurezza dell’Ucraina e NON si può parlare di ridurne gli effettivi.
I leader della "coalizione della volontà" hanno portato la loro proposta a Trump, che l'ha accolta con entusiasmo e ha addirittura minacciato nuove sanzioni alla Russia da parte degli Stati Uniti se essa non accettasse condizioni.
La Russia, invece, da sempre vuole che le Forze Armate ucraine vengano quasi mutilate e private di armamenti occidentali.
Almeno.
Il Politburo al Cremlino non ha bisogno della pace e si è trovato in una situazione difficile.
Un rifiuto diretto porterebbe alla fine di lunghe trattative che stanno seminando confusione nelle menti immature di entrambe le sponde dell'Atlantico.
D'altro canto, accettare le condizioni degli europei e dell’Ucraina significa rinunciare a realizzare i propri piani e vanificare quanto fatto finora.
Come amano dire nella Federazione Russa, “fare marcia indietro”.
Dopo la dichiarazione congiunta, gli europei e gli ucraini erano contenti: sembrava che fossero finalmente riusciti a calmare l'inquieto Trump, mostrandogli chiaramente chi era pronto per i negoziati e chi no.
Sarebbe ora compito di Trump scomunicare "il suo amico “Putin"”, mandare tutti all'inferno e andare a giocare a golf, oppure occuparsi delle scintille fra Pakistan e India.
In entrambi i casi, avrebbe fine il caos diplomatico vantaggioso per la Russia e la “coalizione dei volonterosi” guadagnerebbe importanza e peso politico.
Il Politburo ha avuto solo un giorno di tempo per trovare una via d'uscita da questa situazione.
Dopo mezzanotte, ora di Mosca, ha radunato i giornalisti al Cremlino, negando loro la possibilità di fare domande.
In sostanza, i giornalisti accreditati al Cremlino hanno ricevuto un comunicato stampa di 18 minuti, letto da uno dei sosia di “Putin”.
Il testo ha trattato della celebrazione del 9 maggio a Mosca da parte di tutta l'umanità progressista, poi è stato detto dell'Ucraina, che secondo Mosca ha violato tutti i cessate il fuoco dichiarati dalla Russia, che è amante della pace.
I leader di "alcuni paesi europei" sono stati rimproverati per il loro comportamento maleducato e per aver impartito ultimatum alla Russia.
Sono state inventate di sana pianta e elencate in dettaglio cifre sui "fatti di violazioni del cessate il fuoco" dell'8-10 maggio: questa è una normale prassi del Cremlino, che di consueto addossa a altri responsabilità proprie.
Inoltre, diffondere un gran numero di cifre dà agli sprovveduti mondiali l'impressione di una conoscenza incredibile.
Alla fine il comunicato afferma che la Russia è a favore della pace e per questo offre all’Ucraina negoziati bilaterali senza la partecipazione dei suoi curatori europei e senza alcuna precondizione.
Va rilevato che questa volta gli "alcuni paesi europei" non sono stati definiti "burattinai".
A Mosca se ne devono essere dimenticati.
Secondo il Cremlino, questi negoziati si svolgerebbero il 15 maggio a Istanbul e sarebbero la continuazione di negoziati simili svoltisi nella primavera del 2022, che sono stati interrotti su iniziativa della stessa Ucraina e dei paesi europei che la sostengono non appena era evidente che la Russia in effetti chiedeva la resa incondizionata dell'Ucraina.
Non si è parlato di un cessate il fuoco.
Cioè, invece di rifiutare o accettare le proposte della “coalizione”, il Cremlino ha ritenuto che reiterare condizioni e richieste che l'Ucraina e i suoi sostenitori non hanno accettato allora volga a suo favore, magari sperando che in uno dei suoi colpi di genio, eufemismo, Trump possa volere che questo incontro abbia luogo.
In effetti, a Trump non interessa il risultato, l'importante è avviare un procedimento, dichiarare di esserne parte dirigente e se non se ne farà nulla sarà semplice addossare la colpa a qualcuno, di preferenza all'Ucraina.
Riprendere i negoziati nel “formato Istanbul”, alle stesse condizioni della primavera del 2022, significa in sostanza la capitolazione dell’Ucraina.
La delegazione ucraina tre anni fa si è rifiutata di proseguirli.
Cosa è cambiato, nel frattempo?
Per non irritare il vecchio Donald, l'Ucraina dovrà prestarsi al gioco e inviare una delegazione a Istanbul.
Secondo logica, naturalmente, questo non porterà ad alcuna tregua o pace, ma prolungherà il caos dei negoziati per un periodo di tempo indefinito.
Che è probabilmente il motivo dell’esultanza del Politburo a Mosca.